L’accettazione tacita dell’eredità, che si evince dallo svolgimento di un’attività personale del chiamato all’eredità incompatibile con la volontà di rinunciarvi, e quindi da una condotta tale da far presumere la volontà di accettare l’eredità medesima, può a buon diritto ritenersi implicita nella proposizione, da parte del chiamato, di azioni giudiziarie che, finalizzate a rivendicare o a difendere la proprietà dei beni ereditari o a conseguire il risarcimento dei danni per la mancata disponibilità di beni stessi, non possano essere classificate quali atti conservativi o di gestione dei beni in questione, travalicando le stesse l’idea del semplice mantenimento dello stato di fatto esistente al momento dell’apertura della successione.
Cassazione 24/04/2018, n. 10060